Nel nostro immaginario di bambini, rappresentano le prime uscite dopo il lungo inverno. Le primule spezzano il bruno del sottobosco con le loro allegre fioriture ed è sempre una emozione vederle ubertose vittrici contro gli strali del freddo. Il significato è chiaro: siamo fuori dalla brutta stagione. Eppure, la loro è una forza concentrata per spezzare via, per ribellarsi, per lasciare poi ad altre fioriture, a piante più durature, la gloria di simbolizzare la primavera.
La loro bellezza è proprio in quel canto di vittoria. Fra le regole spietate della natura alla primula è in sorte di essere bella, disperata e delicata. Di non donarsi se non a chi va oltre lo sguardo distratto. Essenziale per far entrare la primavera, inutile per proseguirla. Oggi, un lunedì finalmente tiepido, nel tentativo di astrarmi dall'ossessiva presenza della pandemia e delle minacciate chiusure di questi tempi bui, ho volutamente perso del mio tempo per dedicarmi a delle primule, che già stanno rattrappendosi dopo qualche giorno di squillante fioritura.
Le ho curate come le loro più nobili e celebrate consorelle, le rose ora coi primi virgulti, togliendo foglie marcescenti, petali consunti in punta, cambiando il terriccio, concimando la terra, togliendo dal vaso una “forbice” che mi ha anche punzecchiato. Era quasi stranito il vivaista quando stamani mi ero informato su come “trattare” le primule: “alle primule non gli si fa nulla, durano un mesetto e poi ci sono altri fiori”.
Mi ha fatto bene invecequesta dedizione per la primula. Mentre le travasavo al termine delle toelettature un gatto si è fermato impassibile e statuario, quasi a complimentarsi dell’atto squisitamente inutile e dannatamente rilassante che stavo perpetrando.
Le ho messe a contrasto di un vecchio muro diruto ed emaciato, su vasi di terracotta ancorati a dell’antico ferro battuto divorato dalla ruggine. Le rughe secolari del tempo a sottolineare la quintessenza di una vita breve, meravigliosa ed eroica: la primula. In lontananza, ho sentito filar via veloce un treno. Un'ambulanza. E poi dinuovo il silenziodi questo lunedì di fine Marzo.
Per festeggiare insieme l'arrivo della primavera, vi proponiamo l'Orvieto Classico DOC, un vino dal profumo delicato di fiori di campo, con sfumature di mela gialla, verde e pesca.
Con il suo spirito conviviale, é ideale da gustare con i primi piatti freddi della stagione, tipici della primavera.