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28, marzo 2022 3 min di lettura
Innanzitutto, sceglietevi una colonna sonora. Un valzer coi suoi saliscendi, l’alternanza di pieni e vuoti, sarebbe perfetto.
Potrebbe essere il Waltz of flower di Tchaikovsky anche se non siete disneyani di confessione e Fantasia vi è risultato più indigesto di "La corazzata Potëmkin". Il vantaggio è che scegliere un compositore russo e schierarsi dalla parte della cultura dovunque provenga, di questi tempi, potrebbe voler dire essere dalla parte giusta. Se invece sentite una nostalgia struggente di Mariele Ventre o siete semplicemente dei fanatici dello Zecchino d’oro, anche un nostrano Valzer del moscerino può andar bene.
L’uno e l’altro saprebbero scandire ad arte la fioritura delle Murge, la finta steppa pugliese, sorella eterozigote della puszta ungherese e la pampa argentina, immense distese di erbe e arbusti nella pressoché totale assenza di alberi. Ecco. Non è roba per folle vacanziere, quelle che solitamente sciamano verso il divertimentificio salentino. Questa è la più selvatica, la meno battuta, l’unica vergine fra le Puglie.
L’esercizio, col sottofondo che più vi piace, è provare a immaginare un’infinita distesa di niente, uno spazio metafisico di nulla e sassi sprofondato in un silenzio altissimo. Ma ad averci occhi buoni per guardare, in quel niente vedrete profilarsi creature fragili, minime, al limite del visibile. E i primi giri di valzer della primavera scandiranno il ritmo tratteggiando magicamente il paesaggio, come quando nel deserto fiordo di Atacama scocca il tempo de El Niño.
La prima a fare la sua comparsa è la Barlia robertiana, la regina delle orchidee murgiane, altera, complessa, con la spiga di minuscoli fiori nel fiore che si staglia in verticale. A volte fa capolino nella neve che sull’altopiano murgiano capita che scenda anche tardiva, una macchia lentigginosa di rosa-violaceo e di verde nel nitore ghiacciato. Da lì a poco, pressoché in simultanea, a prendere possesso della scena sono gli asfodeli bianchi e gialli coi loro fiori stellati.
Ma è la ferula la signora e padrona delle Murge, la sola a inerpicarsi fino all’altezza vertiginosa di tre metri dominando il paesaggio da parte a parte. Una ombrellifera perenne, spontanea, che nasce in primavera e scompare d'inverno per ricomparire puntualmente nella bella stagione successiva. Dividendosi la scena con la stipa, il lino delle fate, mossa da un moto uguale e contrario: mentre la ferula punta verso il cielo incendiandolo di giallo-oro, la stipa bianca, lanuginosa, modula il suo moto ondoso rasente il terreno.
Ma è la metamorfosi della ferula ad essere sorprendentemente rapida e potente. Prima solo un piccolo arbusto, un fitto reticolo di verde che viene da strofinarci sopra le guance tanta è la morbidezza che ispira finché non spunta il capolino, che si gonfia come Hulk fino a scoppiare inerpicandosi rapidissimamente più in alto che può.
Nel frattempo sono fiorite le Ophrys di mille specie e subspecie, le orchidee che infiorano l’incolto trasformando le Murge nella Mecca degli orchidofili, che arrivano da tutto il mondo chiamati a raccolta come i topolini dal suono ipnotico del pifferaio di Hamelin. A destinazione li aspetta lo spettacolo suppletivo delle distese color arancio-calendula, il viola della borraggine, il blu da non crederci dell’alkanna, il giallo del tarassaco e i suoi fratelli, il bianco delle pratoline e millemila minuzie fra altrettante gradazioni di verde.
Scopri il dolce aroma della primavera
È il vorticoso giro di valzer della primavera murgiana che esplode con la potenza di un proclama di pace in tempo di guerra.
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