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Pieve di Sasso, i tesori nascosti

15, dicembre 2021 2 min di lettura

 

Pieve di Sasso

Novembre, in terre padane, è brume e umido, cieli di latta e orizzonti dilavati dalla foschia. Spesso si tratta di un coperchio evanescente fatto di nebbia che a salire sulle colline già si dirada: e allora lo spettacolo diventa abbagliante. La Val d'Enza è una delle cento valli emiliano-romagnole messe a pettine con la radice sulla Via Emilia, che della ragione è sempre via verità e vita. Nessun'altra regione prende nome da una strada e il motivo c'è.

Allora si risale la Val d'Enza valutando le opzioni: ad esempio scartare poco di lato a Traversetolo per imboccare la tortuosa strada che sale a Neviano degli Arduini, lato parmigiano: all'improvviso il sole giallo di novembre spacca la coltre nebbiosa e abbaglia con prati verde bandiera, mentre la strada luccicante sembra nastro a adesivo tirato un po' a caso tra le case e i pendii. I nomi delle località si fanno sempre più impervi e quando arrivi a Sasso con il sole negli occhi è tutto un imperversare di faggete dorate, folgorate dai raggi di taglio.

Per arrivare alla Pieve c'è una stradetta - dal solido fondo - che attraversa il bosco, dolce di pendenze e scura d'ombre. S'attesta sul fianco della montagna fino allo slargo su cui s'erge il Tempio. Il campanile - moderno - sembra un po' un fiammifero smozzicato piazzato lì quasi per caso, ma la calda nuance dell'arenaria che costituisce il materiale principale con cui è costruita la chiesa scalda il cuore.

Attraverso le ultime foglie la luce ricama ombre nettissime che si confondono con le decorazioni dell'architettura. Sei sopraffatto dalla spiritualità e dalla magnificenza del luogo oltre che dell'edifizio, e non la fai tanto lunga a guardare cosa è originale e cosa rifatto: ma ineluttabilmente i mille anni di vita della Pieve sono anche il registro delle civiltà. Per secoli fu luogo di sosta e di preghiera, influente e molto sulle molte cappelle circostanti. La si vuole "matildica", come tende a fare il marketing territoriale che da queste parti si intesta ogni cosa come "matildico", quasi un brand che garantisce sicura leggibilità in ogni dove.

In effetti Santa Maria dell'Assunta - questa la denominazione della Pieve di Sasso - pare sia effettivamente stata fatta edificare dalla Grancontessa: ma quello che conta, qui e ora, circonfusi dell'inedito calore novembrino, è l'affetto che le hanno dedicato nel corso dei secoli i popoli che qui hanno abitato, e con cura e devozione hanno tenuto viva l'anima della PIeve. Con qualche intervento sfiorato dall'eccesso di zelo - il campanile edificato nel 1950 risulta avulso del tono di voce del resto del corpo di fabbrica - ma con vera passione.

Per un viaggio, per una gita, per una giornata.

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